Pubblicato su politicadomani Num 86 - Dicembre 2008

Da Roma a Cristo
Le origini del diritto romano

È del 451-452 a.C.  a.C. il primo corpus iuris romano, una legislazione ancora primitiva che accoglieva ben poco delle richieste della plebe romana, la quale pochi anni prima si era ritirata sul Monte Sacro per protestare contro le vessazioni dell’oligarchia patrizia

di Alberto Foresi

Definire quanto la moderna civiltà occidentale sia tributaria dell’eredità romana è arduo, in considerazione di tutti gli aspetti della vita quotidiana che sono direttamente o indirettamente mutuati dall’eredità dei nostri antenati. Basti pensare ai molti aspetti della cultura alimentare che ci appartiene o al rinnovato interesse che si registra negli ultimi decenni verso le terapie termali, attività prediletta dagli antichi romani che, non appena si insediavano in un luogo, avevano fra le prime preoccupazioni proprio quella di costruire un impianto termale.
Tuttavia, se dovessimo realmente mettere in ordine di importanza quali aspetti del mondo romano hanno maggiormente inciso nella creazione della realtà contemporanea, non possiamo non attribuire il primato al diritto  romano. Il mondo romano era, al pari delle moderne democrazie occidentali, un mondo ordinato e regolato e questo ordine poggiava le sue fondamenta proprio sul diritto.
Poco sappiamo del diritto romano dell’età monarchica, di tipo orale e affidato alla valutazione di caso in caso del sovrano secondo le consuetudini degli antenati (mores maiorum).
Abbastanza presto, tuttavia, pochi anni dopo la cacciata dell’ultimo sovrano, in un’epoca in cui l’importanza di Roma era ancora limitata alla sfera locale, si assistette al passaggio da questa forma di diritto orale consuetudinario alla prima legislazione scritta.
Nel 451, dopo il rientro in patria di una delegazione formata da tre membri nominati dai concilia plebis inviata in Grecia con l’incarico di studiare l’ordinamento giuridico di Atene e delle altre principali città greche, fu costituita a Roma una speciale commissione di decemviri legibus scribundis che, prorogata nella carica anche nell’anno seguente, provvide alla redazione del primo corpus giuridico. Si tratta di una legislazione ancora primitiva, che accolse ben poco delle richieste della plebe romana, la quale pochi anni prima, nel 494-493, aveva compiuto la cosiddetta secessione sul Monte Sacro per protestare contro le vessazioni a cui era sottoposta da parte dell’oligarchia patrizia. In sostanza le leggi non concedevano nulla ai plebei, veniva ad esempio riaffermato il divieto di connubio fra patrizi e plebei, limitandosi a ratificare la situazione giuridica preesistente.
Merita nota, pur in una ancora sostanziale rozzezza giuridica, rasentante in taluni punti la cosiddetta “Legge del Taglione”, la distinzione presente in ambito penale tra dolo e colpa, cioè la valutazione in sede giudiziaria non solo dell’effetto di una determinata condotta ma anche della volontà ispiratrice di tale condotta, fattore questo tuttora centrale in ogni diritto penale avanzato.
Il cambiamento non va visto nell’immediatezza dei contenuti bensì nella forma: il passaggio ad una legislazione scritta da una parte sottraeva l’amministrazione della giustizia all’arbitrio interpretativo di chi era ad essa preposto, dall’altra costituiva il punto di partenza per modifiche e rinegoziazioni fra le parti. Come di fatto avvenne nel 445 a.C. con la promulgazione della Lex Canuleia, con la quale venivano abrogate le leggi inique contenute nelle XII Tavole, ad esempio il divieto di conubium tra patrizi e plebei, o nel 367 con la promulgazione delle leges Liciniae Sextiae, momento fondamentale nell’organizzazione degli assetti istituzionali dell’ordinamento repubblicano, poiché esse sancivano, fra l’altro, che uno dei due consoli posti a capo dello stato doveva essere di rango plebeo.
Ripercorrere anche sommariamente le fasi fondamentali dell’evoluzione del diritto romano è compito che esula da questa sede; tuttavia qualche caso esemplificativo può essere addotto. Come le riforme messe in atto dai fratelli Gracchi miranti, in un periodo di fortissime tensioni sociali, sia ad una più equa ridistribuzione agraria sia ad attenuare il divario politico esistente tra plebei e patrizi.
In età imperiale almeno tre leggi meritano di essere segnalate in virtù della loro importanza, la Lex de Imperio Vespasiani, la Constitutio Antoniniana e l’Editto di Costantino. La Lex de Imperio, emanata da Vespasiano intorno al 70 d.C., può essere intesa sia come prima legittimazione legislativa del nuovo ordinamento costituzionale, sia come tentativo di inserire il principato nell’ordinamento romano, equiparandolo ad una magistratura ordinaria. Con la Constitutio Antoniniana, emanata nel 212, l’imperatore Caracalla concedeva la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’Impero, portando così a compimento dal punto di vista giuridico quel processo di globalizzazione già in atto da tempo all’interno del mondo romano, e privando, con la provincializzazione dell’Italia, i suoi abitanti di tutti i privilegi di cui avevano goduto sino ad allora, quali, ad esempio, le esenzioni fiscali. L’Editto di Costantino del 313 (detto anche di Milano o di tolleranza) sanciva la libertà di culto per i Cristiani e imponeva la restituzione di tutti i beni mobili e immobili, compresi i luoghi di culto, che erano stati loro sequestrati nel corso delle ripetute persecuzioni. La legittimazione del culto cristiano, sebbene attuata da Costantino più per esigenze pratiche - inserire l’organizzazione ecclesiastica all’interno dell’ordinamento statale - che religiose (sembra che l’imperatore sia stato battezzato solo sul punto di morte, pratica questa tuttavia diffusa anche in età medievale) ha di fatto indissolubilmente legato le sorti della futura civiltà europea alla nuova religione: dal quel momento, e soprattutto dal successivo Editto di Tessalonica, promulgato da Teodosio I nel 380, con cui il Cristianesimo conforme alle definizioni sancite nel Concilio niceno del 325 veniva proclamato unica religione lecita dell’Impero, non sarà più possibile slegare la nostra cultura dal messaggio cristiano di cui è tuttora più o meno consapevolmente permeata.

 

Homepage

 

   
Num 86 Dicembre 2008 | politicadomani.it